L’auto USA riparte

I commenti da Detroit sono tutti entusiastici. Di là dell’Atlantico i tempi duri (quantomeno nel settore auto) sono un retaggio del passato, tanto che i  livelli di mercato 2012 sono tornati a valori pre-crisi. Bene siamo tutti molto contenti, davvero. Ma corre l’obbligo di un’obiezione da disincantati, basata soprattutto sul tipo di prodotti presentati al salone del Michigan, che a dispetto della tecnologia e delle innovazioni cui ci avevano comunque abituati le grigie esposizioni degli anni scorsi, sono del tutto tornati al più puro criterio yankee, ergo cc, CV e dimensioni maxi, vedi Chevrolet Corvette Sting Ray e GMC Sierra. Dicevamo: siamo sicuri che la crisi sia davvero passata, anche solo negli USA? Gli indicatori economici direbbero di no. L’America è sempre sul ciglio del fiscal cliff e non mi pare che tra democratici e repubblicani abbiano trovato una soluzione. Anche la situazione delle fonti energetiche è sempre la stessa; non è stata scoperta un’alternativa al petrolio e quello che c’è quota sempre attorno ai 100 dollari barile, per non parlare dell’europeo Brent, sensibilmente più caro.  Insomma non basta guardarsi attorno nella calma dell’occhio del ciclone per dirsi fuori dall’uragano e gli USA ci sono ancora dentro, nel turbine intendo. Per carità, tutti vogliamo che l’industria dell’auto si riprenda, troppo dell’economia è legato ad essa. Ma non possiamo nemmeno dimenticare che l’abitat sociale è cambiato definitivamente, che il ruolo dell’auto non è più lo stesso degli anni ’50 e che il rapporto con l’abiente richiede scelte più coraggiose. E non è il “me ne frego” che emerge da Detroit con i suoi motori mega e le dimensioni extra la soluzione, nemmeno a breve termine.

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