Più idrogeno meno rinnovabili

Oggi si va di carburanti. Si parla di idrogeno da molto tempo, ma ogni possibile evoluzione del discorso finisce per cozzare contro un fatto incontrovertibile: l’idrogeno non è una fonte primaria, ovvero non esistono giacimenti del gas, ma occorre produrlo da altre fonti. Attualmente nel mondo si ottiene principalmente dal gas naturale ma con la non sottovalutabile conseguenza di emettere parecchia CO2 come sottoprodotto. Esiste però un metodo alternativo, il methane catalitic cracking, che consente di ottenere idrogeno e filamenti carbonio puro, senza composti ossigenati e quindi senza la produzione di gas serra. Perché non viene adottato su vasta scala? Semplice, perché costa più degli altri processi. Questo però oggi, perché in futuro le cose potrebbero cambiare. Il premio Nobel Carlo Rubbia, attualmente impegnato in questo campo, dai laboratori di Karlsruhe dove svolge la sua attività di ricerca invoca infatti sostegno per questa tecnologia, che si pone come alternativa a minor impatto ambientale rispetto alle ormai molto diffuse (in Germania) rinnovabili e potrebbe garantire un futuro sostenibile e pulito al mondo moderno. L’aumento della scala produttiva farebbe infatti scendere i costi, mentre la disponibilità di carbonio puro in grandi quantità ne favorirebbe l’impiego come fibra, abbassando anche la soglia di convenienza di questo materiale nell’industria automobilistica. La quadratura del cerchio quindi. Chissà come la pensano i petrolieri.

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