Stangata CO2 sulle auto brit

A dispetto delle opinioni positive di Rawdon Glover, sembra proprio che la Brexit, o per meglio dire, la hard Brexit, che appare sempre più la soluzione di distacco più probabile tra UK e UE, sarà fonte di notevoli problemi economici per i costruttori presenti sul suolo britannico. Il problema, una volta di più, sta nelle emissioni. La Ue infatti applica nei confronti delle Case comunitarie una politica di flessibilità sul limite dei 95 g/km di CO2 che entrerà in vigore nel 2021. Si tratta di un limite di gamma, pesato sull’intera produzione, che viene modulato con uno sguardo ai diversi mercati per ridurne l’impatto economico diretto sulle diverse Case. Tutto ciò non vale però per chi risulti extracomunitario, condizione cui ogni Casa brit andrebbe incontro nel caso di uscita senza accordo. Saranno dunque applicate pesanti sanzioni a ciascun costruttore, il cui importo potrebbe arrivare addirittura a 10 miliardi di sterline. La questione appare sempre più rilevante e incredibilmente pare che finora non sia assurta all’attenzione dei diversi manager locali, afferma un portavoce della SMMT, la società dei costruttori automobilistici britannici, ma assuma di ora in ora contorni sempre più preoccupanti per la redditività reale delle diverse aziende. Alla base del computo negativo c’è la valutazione di gamma effettuata solamente sul mercato UK, che non consente perciò un bilanciamento più ampio come per i membri della UE. La campagna anti-Diesel recentemente attecchita anche in Albione peggiora le cose per la nota propensione dei benzina a produrre più CO2, mentre le soluzioni cittadine, elettriche o ibride non sono in grado di compensare efficacemente le maggiori emissioni delle Suv, le vetture più richieste dal mercato. Si prospetta dunque un futuro a tinte fosche per ogni produttore sul suolo britannico, ulteriore stimolo alla migrazione verso i Paesi comunitari.

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