Crisi, pandemia, guerra. Sono tanti i fattori che contribuiscono alle difficoltà di approvigionamento. Con qualche stranezza della logistica, pare.

Curioso come uno stesso componente, pur diverso per struttura e costruzione, possa mancare del tutto nei magazzino di un marchio e all’opposto costituire nuovo argomento di marketing per un altro.
Mi riferisco alla comunicazione di MINI, che ha fermato la produzione di vetture con cambio manuale poiché le circostanze attuali, guerra in Ucraina e carenza di semiconduttori, causano restrizioni alla catena di approvvigionamento. Per garantire la massima produzione l’offerta è stata quindi semplificata e dagli stabilimenti inglesi usciranno da ora solo auto dotate di cambio automatico. Stop ai modelli base, dunque, incidentalmente i meno costosi. Mi tocca rilevare inoltre che la carenza di semiconduttori poco ha a che fare con un dispositivo eminentemente meccanico, forse l’ultimo privo di chip in una vettura di grande produzione.

Dall’altra parte del mondo produttivo, invece, Toyota annuncia che la Supra sarà disponibile anche con la trasmissione manuale nella versione dotata del sei in linea da 387 CV. Contraddistinto dal codice iMT, il cambio sarà dotato di assistenza elettronica per le scalate allo scopo di sincronizzare i regimi reciproci, oltre a ottimizzare la coppia del motore durante innesto e rilascio della frizione.
Quindi in questo caso i chip ci sono, eccome, visto che si tratta di una trasmissione dedicata a un modello prestazionale e non una più semplice per un veicolo utilitario come quella impiegata dalla MINI.
Certo ciascun marchio ha la propria catena di approvigionamento, con intoppi e vie maestre differenti. Toyota produce poi in Giappone con una logistica che si svolge sul Pacifico. Ma resta il dubbio che difficoltà indubbiamente reali siano anche il pretesto per attuare da più parti semplificazioni e razionalizzazioni produttive, allo scopo di aumentare i margini in questo periodo di grande cambiamento del mondo dell’auto.